venerdì 2 maggio 2008

L'Ultimo Macello


Il 25 Maggio duemilaqualchecosa, Mauro Rampagni, detto "Crack", noto alla Digos per la sua attiva militanza anarchica, esce di casa per recarsi al vicino Centro Sociale Occupato che abitualmente frequenta. Girato l'angolo tra via G.Rossa e corso De Felice, il Rampagni si ritrova faccia a faccia con "Mazza Nera, al secolo Italo Barbierini, anch'esso noto alla Digos per la sua militanza attiva nel gruppo naziskin "Città Ariana".

Essendo un militante pacifista, notare che ho detto pacifista e non non violento, il Rampagni cerca di aggirare l'inaspettato ostacolo ignorandolo, ma essendo risaputo che gli skin non vengono mai da soli, il malcapitato si ritrova suo malgrado circondato dal resto del gruppo.

Facendo di necessità virtù, il Rampagni estrae una corta sbarra d'acciaio dal suo giubbotto facendo onore al suo nome d'arte, "Crack" per i più distratti. Ma nonostante la strenua resistenza, il Rampagni sembra soccombere alla sorverchiante forza delle milizie nazifasciste; quand'ecco che un baluginare psichedelico di luci azzurre illumina lo scenario della battaglia.

Fonte del prodigio luminoso è la volante su cui a bordo si trovano gli agenti Salvini e Bitozzi che, sebbene riluttanti, decidono di compiere il loro dovere buttandosi nella mischia e menando colpi a destra e manca: bipartisan per capirci. Destino vuole che in quel mente si ritrovi a passare sul luogo dello scontro un non meglio qualificato collaboratore dei servizi segreti.

Il sedicente collaboratore ha una certa urgenza di liberarsi di uno scomodo pacco che in realtà doveva essere abbandonato in una carrozza ferroviaria ma che, a seguito di un contro ordine, ora si ritrovava scomodamente tra le mani; così pensa bene di lasciarlo tra i piedi degli ignari partecipanti alla mischia.

La violenta esplosione non si fa attendere e l'immane boato attira sul posto torme numerose di militanti delle opposte fazioni e forze dell'ordine che, accusandosi reciprocamente, continuano la battaglia estendendola all'intero territorio metropolitano.

Nel caos generale, nessuno nota che l'esplosione ha raso al suolo la piccola ambasciata del Burugundi, una piccola repubblica islamica dell'Africa. Il Leader spirituale e Politico del Burugundi approfitta dell'occasione per non pagare vent'anni di forniture militari dichiarando guerra all'Italia. Armato di una mitragliatrice avvitata alla buona sulla carlinga, il bimotore presidenziale lascia l'unico aereoporto del Burugundi alla volta della penisola italica.

Nel frattempo, come previsto dallo statuto dell'alleanza, l'intera NATO entra a fianco dell'Italia contro la piccola repubblica islamica, con la logica conseguenza di surriscaldare i rapporti con Russia e Cina da sempre vicini al Burugundi.

La crisi viene presa molto seriamente dal Segretario Generale dell'ONU che moltiplica la sua presenza in cene, banchetti, galà televisivi, sagre paesane e lotterie. Tutta questa fervente attività diplomatica sembra raffreddare la crisi ma un triste evento fa precipitare la situazione.
Il piccolo aereo turistico, orgoglio dell'aviazione militare burundese, sparisce misteriosamente nel Mediterraneo, a pochi chilometri dalle coste Italiane. Sebbene, molto probabilmente, la causa della scomparsa potrebbe essere attribuita ad un guasto o ad una fatalità, nella tensione generale del periodo, vennero accusate le forze navali della marina americana dislocate nel ex mare nostrum.

Si aprono i silos.

Pochi si accorgono di qualcosa, i più vengono infastiditi da un fischio furioso e crescente, prima di essere definitivamente vaporizzati.
E' iniziata la primavera della bomba: si squagliarono i poli e i ghiacciai, avanzano deserti di cenere, l'intero pianeta viene squassato da terremoti e nubifragi di pioggia acida, ovunque è cenere, morte, distruzione e silenzio.

E' finita la bella stagione.

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