martedì 4 ottobre 2011

Hollywood sulla Tuscolana


Per oggi un'altro interessante articolo ripreso dal Metal Extra dedicato al Cinema. L'autore, un giornalista francese ( Alan Paucard ) analizza lo sviluppo industriale di Cinecittà negli anni '60 e ne studia le cause.

GLI EMIGRANTI DI HOLLYWOOD

6 settembre 1970 al cinema Action Lafayette, Jacques Tourneur risponde alle domande del pubblico. Tutti i buoni discepoli della cinefilia (la cinefilia è come la Legione, bisogna farsi un culo così) tengono a far vedere al Maestro che conoscono i suoi classici. Pendez-moi haut e court, Course of Demon sono oggetto di osservazioni che dimostrano una grande competenza. All'improvviso una voce:
-Perchè ha girato La Battaglia di Maratona in Italia?-
-Ma...per la grana, vecchio mio.-
Tourneu asoetta che si esaurisca l'ilarità generale e aggiunge:
-Steve Reeves voleva un regista americano per il suo terzo film.
"Con un regista italiano sembro un imbranato, non capisco una parola", doceva. Mi hanno inviato il copione della "Battaglia" in italiano. Anche sul posto non ho avuto diritto ad un interprete. il contratto prevedeva solo due settimane di riprese. Hanno prefertito non pagarmi oltre, il film l'ha terminato il produttore, compresa la scen del combattimento sott'acqua.

Tourneur non fu l'unico regista americano a lasciare le penne sotto il sole ri Roma. Frank Borzague viene ingaggiato per un remake de L'Atlantide. Malato, cede il posto a Edgar G. Ylmer. Il film fu girato in inglese con attori italiani e francesi che non parlavano l'inglese. Si accordarono su dei segni convenzionali per far capire ai loro partners che avavno finito la battuta.

Persino Raoul Walsh, nel 1960 viene a girare Ester e il re in Italia. Allora, cosa mai è  successo a cavallo degli anni '50 e '60 perchè dei registi degli attori americani si siano precipitati verso la Hollywood italiana: Cinecittà?

L'Italia è di moda. Il bisogno di colore locale ci spiega perchè Clark Gable gira "Accadde a Napoli" e Cyd Charisse "Assassinio Made in Italy". Solo Cyd e Clark non hanno problemi di popolarità. Non è ovviamente il caso degli attori che si precipitano in Italia e per i quali è stata inventata la più orribile delle espressioni: "has been", letteralmente "è stato". Certo Boris Karloff  "è stato", Joseph Cotten "è stato", ma Geoge Montgomery, Guy Madison, John Ireland, John Saxon non sono mai stati granchè.

L'influenza tentacolare della tv americana  detronizza la serie B a scapito dei telefilm. Ma la doppia programmazione nelle sale cinematografiche popolari americane esige una pari produzione di films d'avventura non-troppo-belli-non-troppo-cari. I dirigenti delle compagnie americane, gente pratica, insediatisi stabilmente dalla Liberazione nelle organizzazioni padronali italiane, esportano capitali e attori nella città dai sette colli. Il costo delle riprese è bassissimo, gli "has been" hanno, nonostante tutto, un volto conosciuto nella madrepatria, il denaro rientra.
Meglio, vengono girate direttamente in Italia produzioni esclusivamente americane: Cleopatra, Ben Hur. Logica conseguenza, dei regist italiani prendono degli psudonimi anglosassoni. Riccardo Freda sarà il primo a chiamarsi Robert Hampton, molto prima che Sergio Leone prendesse il nome di Bob Robertson (a meno che non sia Robert Bobson).
Quando agli attori statunitensi, loro vengono, il tempo di uno o più cachets, ad esibire i loro muscoli o a masticare dei sigaretti: Jeffrey Hunter, ne L'Oro dei Cesari, Jack Palance ne I Mongoli, e El Mercenario, Ernest Borgnine ne I 4 Mercenari di El Paso e anche, Last but not least, Orson Welles in 3 per un massacro.
Senza dimenticare Tony Musante, Farley Granger, Arthur Kennedy, Woodyu Strode, Ty Hardin, Roy Calhoun, Tab Hunter (quest'ultimo super-vedette affimere degli anni '50).
Hanno il male del paese? Sicuro, stando a quel che afferma Errol Flynn, uno dei primi ad andare a fondo con la sua disavventura italiana: Guglielmo Tell.
"Nel nostro appartamento romano era un continuo viavai. Tutti i vagabondi dell'Europa, re decaduti, celebrità vacillanti, gente del cinema, entravano e uscivano, sembrava un porto di mare...La Warner mi aveva scaricato...Ero a pezzi, bevevo..."
E più avanti "Continuo a venire qui, cercando di salvare il salvabile, e spero ancora di realizzare il mio film, ma bevo più che mai".
Una rondine non fa primavera, ricordiamoci de La dolce vita dei sopravvalutato Fellini, Lex Barker vi recita la parte di un signor Muscle, che, come Steve Reeves e Gordon Scott, va ad arenarsi in una spiaggia romana, bello-tutto-muscoli ben presto preso nel vortice delle folli notti tomane.
Minelli, dopo il suo capolavoro su Hollywood, Les ensorcelés, gira il film su Cinecittà 15jours ailleurs. Allora, inatteso, il fenomeno del western all'italiana sommerge l'Europa e gli Stati Uniti; e Henry Fonda, Charles Bronson, Jason Robards, Eli Wallach, Rod Steiger e James Coburn sono piuttostio fieri di essere diretti da Sergio Leone. Meglio. Il western all'italiana fabbrica le vedettes americane di domani. Clint Eastwood fa furore in Per un pugno di dollari nel 1964, e un po' meno, Burt Reynolds in Navajo Joe nel 1966. Senza dimenticarci di Lee Van Cleef. La produzione di serie B viene definitivamente assotigliata dai telefilm: Cinecittà muore. E gli has been ritornano in patria.

Alain Paucard da METAL EXTRA Speciale Cinema

Qualcosa in più su Cinecittà?

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