Disegnini e pensierini di Federico Rettondini per un mondo migliore, una società felice e un futuro di pace.
venerdì 19 agosto 2011
Un'intervista a Roger Corman parte terza
MH - Dato che lei progetta molti films di fantascienza, in futuro, ha pensato a tutti i capolavori della letteratura fantascientifica che sono li, da anni, a coprirsi di polvere?
RC- Si. Mia moglie Judy Corman, ha acquistato i diritti cinematografici di Nightfall la novella di Jack Asimov che ha ricevuto la menzione di miglior racconto di fantascienza mai scritto. Non so se è veramente la migliore novella che esista, come ha detto l'American Academy of Science-Fiction, ma mia moglie, anche lei produttrice, pensa ad una coproduzione, tra me e lei, di questo racconto alla fine quest'anno. In più sto preparando parecchi altri adattamenti per il prossimo futuro.
MH- Cosa pensa della moda di estremo realismo nei films di orrore che ci viene inflitta oggigiorno? -
RC- Sono contrario. Penso che questo realismo sia un mezzo per introdurre ancora più sangue e frattaglie nei films dell'orrore. Quando facevo i miei adattamenti di Edgar Allan Poe, e altri miei films dell'orrore, stilizzavo molto. Cervao di esprimere l'orrore grazie al montaggio, agli spostamenti della cinepresa, realizzavo un crescendo di suspence tale, che il pubblico avrebbe urlato di terrore al semplice aprirsi di una porta. Oggi per provocare questa reazione nello spettatore si fa vedere un braccio spezzato, in primo piano, del sangue che sgorga e inonda lo schermo. E la sceneggiatura passa in secondo piano in tutti questi films. Qualcuno aveva proposto a New Wolrd di distribuire un film del genere ed io ho rifiutato. Quel film era talmente cruento e violento, senza sceneggiatura, la regia inesistente... si cercava semplicemente di trovare una scusa per far colare quanto più sangue possibile.
Io penso che questa moda passerà molto in fretta. Credo di poter predire che prima di uno o due anni questo genere di films sarà morto e sepolto o, in ogni caso, in pieno declino, come la pornografia, che è stata molto popolare per un po', ma una volta che la gente ha visto di che si trattava, non se ne è più interessata.
MH E' mai esistita realmente l'inquadratura di una trave che cade tra le fiamme, nel bel mezzo di un incendio, che lei ha riutilizzato molte altre volte nei suoi films, oppure è una leggenda?
RC - Oh si, questa inquadratura esiste. In House of Usher, credo, ci serviva un incendio per la distruzione della casa. E il nostro responsabile per gli effetti speciali trovò un vecchio fienile, e per due o trecento dollari lo abbiamo comprato dal suo proprietario, che comunque voleva demolirlo; noi gli abbiamo proposto di bruciarlo. Allora abbiamo dato fuoco a quel vecchio fienile, in piena notte, l'abbiamo filmato ed era proprio bello, con quelle travi in fiamme che crollavano. E da allora, ogni volta che avevamo una scena di incendio in uno dei miei films, facevamo in modo da poterci inserire quell'inquadratura. Ce ne servivamo come Stock-shot ed era diventato una specie di portafortuna.
MH-Si dice che, tra le persone che hanno lavorato per lei, alcuni la considerino uno sfruttatore, ma tutte le sono riconoscenti perchè lei gli ha dato molto. Come mai?
Ebbene, io non so se ci sia qualcuno che mi detesti, ma devo dire che uno non può aspettarsi di vivere amato da tutti. Dunque è possibie, ma, per quel che ne so, io sono in buoni rapporti con la maggior parte di quelli che hanno lavorato per me. E, in realtà, i salari che noi paghiamo sono molto competitivi rispetto a quelli del resto dell'industria; competitivi rispetto a quelli degli indipendenti, perchè certo noi non possiamo pagare quello che offre una Major per una produzione di trenta milioni di dollari. Noi facciamo una quarantina di films all'anno nei limiti del nostro bilancio, e in genere noi paghiamo un po' più degli altri.
MH - Perchè lei ha rifiutato la presidenza di uno dei principali studi di Hollywood che le era stata proposta?
Per parecchie ragioni. Primo: è un lavoro precario. Le persone non occupano per molto tempo questo genere di posto. Uno diventa presidente di uno studio e tre anni dopo si ritrova disoccupato. Secondo: non mi piace avere le mani legate. Nonostante il fatto che tu sei il presidente, devi rispondere del tuo operato al consiglio d'amministrazione; ci sono delle manovre politiche all'interno della compagnia... tutto questo ti priva della tua libertà. Pur essendo il capo, la tua autorità deve sottomettersi ad un mucchio di compromessi. Terzo: quando mi hanno comunicato quanto mi avrebbero pagato, sono rimasto veramente sorpreso. Il salario è inferiore a quello che guadagno adesso. Sarebbe stato interessante solo dal punto di vista del prestigio, non c'era nessuna ragione perchè accettassi: a parte la soddisfazione personale di essere stato il presidente di questa compagnia.
Ed anche per oggi mi fermo qui. Però ti consiglio questo saggio su Roger Corman ci vediamo alla quarta e ultima parte.
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